Certe cose vanno fatte; per quanto dolorose possano sembrare, devono essere affrontate: le dinamiche cambiano, le persone evolvono, i cicli si chiudono.
E un ciclo si è chiuso quando a maggio dell'anno scorso, dopo una stagione ricca di vittorie, ma anche di contrasti, mi sono ritrovato con una promozione cercata e mancata per un soffio (o se preferite un punto) in campionato ed una squadra di amici che, forse prima ancora di me, aveva capito che era ora di cambiare un po' le cose.
In effetti dopo 6 stagioni consecutive l'aria di uno spogliatoio, di una palestra, può sembrare viziata; così, letteralmente con le lacrime agli occhi, ho salutato quelli che già da tanti anni consideravo i "miei ragazzi" con la consapevolezza che molti di loro sarebbero diventati, di lì a 30 secondi, i "miei avversari".
Quella che è seguita è stata un'estate tribolata, passata al telefono tra conferme e smentite, parole date e rimangiate, tra la paura di non riuscire a mettere assieme una squadra e la voglia di continuare a fare bene. Poi, pian piano, il gruppo ha preso forma, attorno alle pochissime riconferme sono arrivati giocatori giovani, con ottime potenzialità e tanta voglia di mettersi (o ri-mettersi) finalmente in discussione.
La preparazione è stata lunga e faticosa, come faticoso è stato il primo periodo di lavoro tecnico: mandare in campo giocatori che si conoscono poco non è mai facile, se poi il tempo stringe lo diventa ancora di meno; la fiducia (mai dovuta in questi casi, sia chiaro) concordatami mi ha sorpreso, le prime vittorie di coppa e in campionato mi hanno strabiliato.
Ma si sa che l'inizio della stagione è zingaro e allora guai mollare: allenamenti più lunghi e più frequenti, discussioni accese, decisioni, problematiche, scelte da compiere; un campionato non è fatto solo di pallavolo.
Alla fine ci si è trovati ad un paio di passi da un obiettivo mai programmato, ma quei due passi sembravano lunghissimi quando, a 5 giornate dalla fine, avevamo 2 squadre (e che squadre...) davanti ed un calendario a dir poco proibitivo. Cinque settimane vissute in apnea, tirando fuori tutto quello che ancora si aveva da parte, per mettere un piede davanti all'altro ed arrivare ad aprire quella porta che per altri sarebbe dovuta restare chiusa.
Siamo sicuramente stati fortunati, ma credo che la fortuna non basti.
Adesso ci aspetta la prova più difficile, anche perché se per tutti è stato sorprendente potersi giocare gli spareggi, non lo dovrà essere il valore e la forza dei nostri avversari.
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